I cambiamenti fisiologici che si verificano durante la gravidanza, come per
esempio le alterazioni dell'immunità cellulare mediata, rendono la madre più
vulnerabile alle infezioni gravi3. Cambiamenti anatomici come l’aumento del diametro
trasversale della gabbia toracica, del volume polmonare e del livello del
diaframma, così come la vasodilatazione,
diminuiscono la tolleranza materna all'ipossia e possono portare a edema della
mucosa e aumento delle secrezioni del tratto respiratorio superiore 4.
Per quanto riguarda il feto e il neonato,
l'immaturità del sistema immunitario innato e adattivo li rende altamente
suscettibili alle infezioni5. La disregolazione di fattori come le citochine e la
cascata del complemento possono avere conseguenze deleterie sullo sviluppo e
sulla funzione del cervello. Tuttavia, nonostante COVID-19 sia nota per causare
gravi complicazioni respiratorie potenzialmente letali negli adulti, in
particolare negli immunocompromessi, non ci sono dati comparativi per
determinare se la gravidanza è un fattore di rischio per la polmonite causata
da SARS-CoV26.
I lavori presenti in letteratura hanno tutti il limite di essere stati
condotti su un piccolo numero di casi; inoltre la maggior parte delle
pubblicazioni non ha utilizzato metodologie qualitativamente accettabili o
mostrano dei dati un po’ dubbi.
Zaigham et al.7 hanno condotto una ricerca bibliografica completa
utilizzando diversi browsers come MEDLINE, EMBASE e Google Scholar, relativa
all’arco temporale che andava dall’8 dicembre 2019 al 4 aprile 2020.. Il gruppo
ha identificato 108 donne in gravidanza affette da COVID-19 che presentavano
febbre al momento del ricovero (68%). Tosse secca e persistente (34%), malessere
(13%) e dispnea (12%) sono sintomi descritti meno comunemente. La diarrea è
stata identificata solo in sette casi (6%). Solo un neonato su 75 casi testati
è risultato positivo per l'infezione da SARS-CoV-2, mentre altri hanno
riportato linfocitopenia (carenza di linfociti) transitoria e test di funzionalità epatica squilibrati o coagulazione
intravascolare disseminata. Solo un neonato ha mostrato una rRT-PCR positiva 36
ore dopo la nascita, nonostante fosse stato isolato dalla madre. Questi
risultati non possono escludere che il feto e il neonato rispondano, spesso
subclinicamente, all'infezione della madre e quindi non si può escludere la
trasmissione verticale materno-fetale.
In risposta alle dichiarazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità
(OMS) e alle preoccupazioni internazionali riguardanti l'epidemia di
coronavirus 2019 (COVID-19), la FIGO (International Federation of Gynecology and Obstetrics) ha pubblicato delle linee guida8 per la gestione delle donne in gravidanza affette da
COVID19 riassunte in quattro parti:
(1) cure prenatali ambulatoriali nelle cliniche ambulatoriali;
(2) gestione nel contesto del triage ostetrico;
(3) gestione intra-partum;
(4) gestione post-partum e cure neonatali.
Sono state raccolte anche indicazioni sul trattamento medico delle donne in
gravidanza con infezione da COVID-19.
Le raccomandazioni raccolte devono essere considerate suggerimenti e
potrebbe essere necessario adeguarle all'interno di ciascun centro medico sulla
base delle linee guida nazionali locali (se disponibili), bisogni, risorse e
limitazioni.
1. Cure ambulatoriali prenatali
Le visite ambulatoriali prenatali devono sicuramente garantire il minimo
rischio di trasmissione tra donne in gravidanza, operatori sanitari e altri
pazienti in ospedale, ricorrendo alle dovute precauzioni - prime fra tutte
l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI).
Per garantire la sicurezza di tutti, è opportuno che tutte le donne che
devono recarsi in ambulatorio siano contattate prima della visita e invitate ad
andare in clinica senza accompagnatore. In ambulatorio deve essere effettuato
uno screening per valutare eventuale esposizione al virus e potenziali sintomi
d’infezione. In caso di screening positivo, devono scattare i protocolli
d’emergenza e la visita dovrebbe essere rinviata di 14 giorni, a meno che non
sia urgente per motivi materni e/o fetali. Nel frattempo, è necessario
accertare la diagnosi di COVID-19.
Dopo la diagnosi, se l’infezione COVID-19 è lieve è preferibile ridurre il
numero di visite cliniche, sostituendole con monitoraggio a distanza tramite telefonate
o videochiamate durante le quali può essere consigliato di controllare la
pressione sanguigna. Il monitoraggio deve essere ovviamente rivolto sia alla
gravidanza sia all’infezione COVID-19.
Particolare attenzione, però, dovrebbe essere prestata alle donne con
comorbidità, soprattutto iperglicemia e ipertensione che sono fattori di
rischio noti per il peggioramento del quadro clinico di COVID-19. In questi
casi, infatti, si può rendere necessario il ricovero se le condizioni
peggiorano.
Sebbene al momento non vi siano prove che l'infezione da COVID-19 sia
associata a complicanze del feto o della placenta, fino a quando non saranno
disponibili ulteriori dati si consiglia un monitoraggio fetale più attento (tramite
ecografia) nelle donne con confermata COVID-19.
2. Presentazione al triage
Quando una paziente si presenta al triage ostetrico o al pronto soccorso
per motivi respiratori o ostetrici, deve essere sottoposta a screening che
valuti il rischio di esposizione al virus e l’eventuale presenza di sintomi
della COVID-19. In caso di screening positivo, la paziente deve essere invitata
a indossare la mascherina, posta in isolamento e l’equipe sanitaria dovrebbe
prendere le necessarie precauzioni.
Le donne con sintomi lievi e senza fattori di rischio per malattie gravi
possono essere dimesse dopo essere state avvisate di monitorare l’eventuale
peggioramento della sintomatologia. Le donne con sintomi moderati o gravi, o
anche lievi ma con comorbidità, devono sottoporsi a una valutazione più
dettagliata. Le decisioni in merito alla gestione di questi casi dovrebbero
essere personalizzate in base ai sintomi, ai fattori di rischio e ai risultati
della valutazione.
3. Gestione intrapartum e postpartum
Per casi sospetti/probabili/confermati di infezione da COVID-19, il parto
dovrebbe idealmente essere condotto in una stanza di isolamento a pressione
negativa. Il numero di membri dello staff che si prendono cura della paziente
dovrebbe essere il più basso possibile.
I tempi e le modalità del parto dovrebbero essere personalizzati,
dipendendo principalmente dallo stato clinico della paziente, dall'età
gestazionale e dalle condizioni fetali. Il parto vaginale non è controindicato
nei pazienti con COVID-19 sospetti/probabili/confermati.
È possibile richiedere un’assistenza strumentale nella fase espulsiva del
parto qualora la funzionalità respiratoria della partoriente sia diminuita. Il parto dovrebbe essere accelerato
quando si presentano evidenze di sofferenza fetale, scarsa progressione del
travaglio e/o peggioramento delle condizioni materne.
Lo shock settico, l'insufficienza acuta di un organo o la sofferenza fetale
sono indicazioni al parto cesareo di emergenza. Per la protezione dell'équipe
medica, dovrebbe essere evitato l'uso di piscine per il parto in ospedale, poiché
è provata la presenza del virus nelle feci e per l’impossibilità per gli
operatori sanitari di utilizzare dispositivi di protezione individuale (DPI)
adeguati a proteggersi dal contagio.
Sia l'anestesia locale che l'anestesia generale
possono essere prese in considerazione, a seconda delle condizioni cliniche della
paziente. L'anestesia locale è preferibile dato il maggior rischio di contagio per
il personale in caso di procedure di anestesia generale che inducono la produzione
di aerosol (ad esempio l'intubazione). Questo è il motivo per cui la maggior
parte delle unità in tutto il mondo sta cercando di evitare il parto cesareo in
anestesia generale dove possibile.
Gli embrioni e/o i feti abortiti e la placenta di
donne in gravidanza con infezione da COVID-19 devono essere trattati come
tessuti infettivi e smaltiti in modo appropriato; se possibile, devono essere
eseguiti test di questi tessuti per SARS-CoV2 mediante rRT-PCR.
4. Cure neonatali in donne con infezione
COVID-19 sospetta o confermata
Per quanto riguarda la gestione neonatale di casi
sospetti, probabili e confermati di infezione materna da COVID-19, il neonato
deve essere trasferito nell'area di rianimazione per essere valutato dal team
pediatrico. Non ci sono prove sufficienti del fatto che un taglio ritardato del
cordone aumenti il rischio di infezione per il neonato attraverso il contatto
diretto, ma per il principio di precauzione è opportuno che i medici delle unità
in cui si raccomanda il taglio ritardato del cordone valutino attentamente se continuare
questa pratica piuttosto che optare per un taglio più rapido. Le precauzioni di
contatto e l'uso dei DPI devono essere mantenute durante il periodo postpartum,
fino a quando la madre risulta negativa per COVID-19. Al momento non ci sono
prove sufficienti sulla sicurezza dell'allattamento al seno e sulla necessità
della separazione madre/bambino. Se la madre è gravemente ammalata, l’opzione
migliore sembra essere la separazione con tentativi di tirare il latte materno
per mantenere la produzione di latte. Ci dovrebbe essere un tiralatte dedicato,
accuratamente lavato dopo ciascun pompaggio. Se la paziente è asintomatica o con
infezione lieve, l'allattamento al seno e la co-localizzazione (chiamata anche
rooming-in) possono essere considerati dalla madre in coordinamento con gli
operatori sanitari, o possono essere necessari se le limitazioni della
struttura impediscono la separazione madre/bambino. Poiché la preoccupazione
principale è che il virus possa essere trasmesso da goccioline respiratorie,
piuttosto che dal latte materno, le madri che allattano dovrebbero assicurarsi
di lavarsi le mani e indossare una maschera chirurgica a tre strati prima di
toccare il bambino. Durante il room-in, la culla del bambino deve essere tenuta
ad almeno 2 metri dal letto della madre e può essere utilizzata una barriera
fisica come una tenda. In alternativa, si potrebbe chiedere alla madre di
tirarsi il latte mentre qualcun altro nutre il bambino. La maggior parte delle
visite postpartum può essere condotta in remoto purché la paziente non abbia
preoccupazioni specifiche che richiedono un esame di persona. Alcuni tipi di preoccupazioni
(riguardanti per esempio il seno e/ o le cicatrici addominali) possono essere
valutate anche solo attraverso video o foto. La riduzione del numero di visite
può essere utile anche in caso di carenza di operatori sanitari in quanto è
possibile che una parte considerevole degli operatori sanitari debba essere
isolata a causa di un'esposizione inattesa a COVID-19.
Aspetti psicologici
Le donne in gravidanza, in generale, hanno un rischio maggiore di ansia e
depressione. Questa evidenza pone un tema di salute molto rilevante soprattutto
durante un’epidemia. Infatti, i timori
legati alla sospetta/probabile/confermata infezione da COVID-19, possono indurre
la presentazione di vari gradi di sintomi psichiatrici dannosi per la salute
della madre e del feto9. Inoltre, è da considerare anche che la separazione
madre/bambino obbligata può rallentare l’instaurazione del legame precoce e
ritarda sicuramente l’inizio dell’allattamento al seno (anch’esso una pratica
importante nella relazione madre/neonato). Questi fattori sono inevitabilmente causa di ulteriore
stress per le madri nel periodo post-partum. Gli operatori sanitari
dovrebbero, perciò, prestare attenzione alla salute mentale delle partorienti, valutandone
attentamente i ritmi sonno/veglia, le ragioni di ansia e depressione ed essere
tempestivi nel rilevare eventuale ideazione suicidaria. Il supporto psicologico
e il consulto psichiatrico, soprattutto perinatale, appaiono quanto mai
importanti in questo momento storico.
Attualmente queste sono le informazioni disponibili in merito alla COVID-19
associata alla gravidanza ma sicuramente col passare delle settimane, saranno
disponibili ulteriori dati che potrebbero portare a cambiamenti nelle attuali
conoscenze e raccomandazioni.
BIBLIOGRAFIA
1. Wong SF, Chow KM, Leung TN, et al.
Pregnancy and perinatal outcomes of women with severe acute respiratory
syndrome. Am J Obstet Gynecol. 2004;191(1):292-297.
doi:10.1016/j.ajog.2003.11.019
2. Alfaraj SH, Al-Tawfiq JA,
Memish ZA. Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus (MERS-CoV) infection
during pregnancy: Report of two cases
& review of the literature. J Microbiol Immunol Infect.
2019;52(3):501-503. doi:10.1016/j.jmii.2018.04.005
3. Goodnight WH, Soper DE.
Pneumonia in pregnancy. Crit Care Med. 2005;33(10 Suppl):S390-7.
doi:10.1097/01.ccm.0000182483.24836.66
4. O’Day MP.
Cardio-respiratory physiological adaptation of pregnancy. Semin Perinatol.
1997;21(4):268-275. doi:10.1016/s0146-0005(97)80069-9
5. van Well GTJ, Daalderop
LA, Wolfs T, Kramer BW. Human perinatal immunity in physiological conditions
and during infection. Mol Cell Pediatr. 2017;4(1):4.
doi:10.1186/s40348-017-0070-1
6. Mimouni F,
Lakshminrusimha S, Mendlovic J, Pearlman SA, Raju T, Gallagher PG. Perinatal
aspects on the covid-19 pandemic : a practical resource for perinatal –
neonatal specialists. J Perinatol. 2020. doi:10.1038/s41372-020-0665-6
7. Zaigham M, Andersson O,
Zaigham M. Maternal and Perinatal Outcomes with COVID-19: a systematic review
of 108 pregnancies. :0-3. doi:10.1111/aogs.13867
8. Poon LC, Yang H, Kapur A,
et al. Global interim guidance on coronavirus disease 2019 (COVID-19) during
pregnancy and puerperium from FIGO and allied partners: Information for
healthcare professionals. 2019. doi:10.1002/ijgo.13156
9. Dørheim SK, Bjorvatn B,
Eberhard-Gran M. Insomnia and depressive symptoms in late pregnancy: a
population-based study. Behav Sleep Med. 2012;10(3):152-166.
doi:10.1080/15402002.2012.660588
Nessun commento:
Posta un commento