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martedì 24 marzo 2020

COVID-19, IL PUNTO SULLE TERAPIE aggiornato al 24.03.2020


Il trattamento delle malattie, in generale, è rivolto ad eliminarne sia i sintomi sia la causa. Non sempre è possibile perseguire entrambi gli obiettivi e non sempre ciò può avvenire utilizzando un unico farmaco. Ad esempio, per le malattie multifattoriali e genetiche non è possibile eliminare la causa, ma si può agire sui sintomi eliminandoli o riducendoli.

Nel caso delle malattie infettive però è possibile disporre di farmaci che abbiano entrambe le funzioni perché vi è un agente eziologico noto. Infatti, i sintomi dell'infezione scompaiono una volta reso inoffensivo il patogeno. Per sviluppare e successivamente impiegare questi farmaci è necessario che siano avvenuti una serie di passaggi:
  • identificazione ed isolamento del patogeno (ricerca di base);
  • studi mirati a comprendere i meccanismi biologici del patogeno (ricerca di base);
  • individuazione di molecole potenzialmente efficaci per rendere inoffensivo il patogeno (studi pre-clinici);
  • sperimentazione in laboratorio, sia in vitro sia in vivo, delle molecole identificate (studi pre-clinici);
  • sperimentazione clinica della molecola più efficace e sicura (studi o trial clinici).
Tutto ciò richiede non poco tempo, si tratta generalmente di anni (tra i 10 e i 15).

Evidentemente, un'epidemia causata da un nuovo patogeno non concede i tempi sufficienti ad effettuare le ricerche di laboratorio, le sperimentazioni pre-cliniche e i trial clinici.

Non potendo avere farmaci specifici (antivirali) per contrastare l'infezione di un nuovo virus, come SARS-CoV2, dobbiamo ricorrere a farmaci che già abbiamo e provare sul campo se essi funzionano.

Le terapie attuali per la COVID-19 consistono in:
  • supporto ventilatorio, somministrazione di liquidi e farmaci per ridurre i sintomi, cose che nei casi lievi e moderati sono sufficienti per aiutare l'organismo finché non avrà debellato il virus;
  • e terapie sopracitate, antibiotici per trattare infezioni batteriche concomitanti e terapie sperimentali con farmaci utilizzati per trattare altre infezioni o malattie [1].
La lista (qui e qua) delle terapie sperimentali che si stanno testando è lunga e, ovviamente, la scelta dei farmaci impiegati si basa su precedenti evidenze cliniche e studi condotti in laboratorio. I farmaci individuati appartengono a diverse classi come gli antivirali e gli immunomodulatori.


FARMACI ANTIVIRALI

I farmaci antivirali hanno lo scopo di bloccare la replicazione del virus e quindi di eliminare la causa della malattia e dei suoi sintomi.

Come funzionano gli antivirali?
Gli antivirali sono una classe eterogenea di farmaci poiché tutte le fasi del processo di replicazione virale costituiscono potenziali bersagli d'azione dei farmaci antivirali.

Per la trattazione del ciclo replicativo virale rimandiamo a questa pagina del blog.

Ricapitolando brevemente, il ciclo replicativo di un virus consta di varie fasi:
  • attacco e penetrazione nella cellula;
  • liberazione del genoma virale;
  • replicazione del genoma virale;
  • sintesi delle proteine virali e loro successive modificazioni;
  • assemblaggio delle componenti del virione;
  • liberazione dei nuovi virus dalla cellula infettata.
Nella figura che segue (Fig.1) è descritto il ciclo replicativo dei virus ad RNA, come SARS-CoV2.

Fig.1 – A) Ciclo replicativo virale. B) Replicazione del genoma e sintesi delle proteine

Ciascuna di queste fasi è resa possibile dall'azione di molecole virali e cellulari. Perciò bloccandole selettivamente si può impedire al virus di continuare a replicarsi.

Dalla conoscenza profonda dei meccanismi biologici, grazie alla ricerca di base, si può derivare la scoperta di molecole utilizzabili come farmaci. Ad esempio, l'attacco del virus alla cellula avviene grazie all'interazione di specifiche proteine di superficie del virus e della cellula. Individuando e studiando la struttura di queste proteine si possono scoprire e produrre delle molecole in grado di legarsi o alla proteina virale o a quella cellulare, impedendo quindi l'interazione virus-cellula e la successiva infezione.

Il meccanismo d'azione dell'antivirale, quindi, dipende dalla fase del ciclo replicativo virale individuata come bersaglio e dalla specifica molecola che si vuole inibire.


Non avendo il tempo di sviluppare e usare farmaci antivirali specifici si è dovuto pensare a quelli già disponibili. Tra questi si è pensato, ad esempio, di ricorrere a farmaci impiegati per la terapia dell'infezione prodotta da SARS-CoV1 (il virus che causò la SARS nel 2003), data la sua somiglianza con il nuovo Coronavirus, cioè la combinazione di lopinavir e ritonavir. Questi ultimi, in realtà, sono farmaci approvati per il trattamento dell'HIV [2, 3]. 
Recentemente è stato pubblicato uno studio che riferisce sull'efficacia di questa terapia [4], il quale non evidenzia risultati favorevoli. Tuttavia, è opportuno sottolineare che si tratta di un singolo studio, condotto su un numero piccolo di pazienti (circa 200). Perciò tale risultato è ben lontano dall'essere considerato definitivo. Servono ultriori studi e possibilmente anche delle metanalisi per aumentare l'affidabilità dei risultati. Le metanalisi sono degli studi statistici realizzati collezionando diversi lavori scienfici su un argomento e mettendo insieme i loro risultati, aggiustandoli statisticamente per unifromarli. Cosicché si possa ragionare su numeri più grandi, aumentando l'attendibilità rispetto ai singoli studi.
Lopinavir e ritonavir sono farmaci inibitori delle proteasi virali [3].

Proteasi
Le proteasi sono degli enzimi esistenti in tutti gli organismi e che operano dei tagli, in posizione specifica, sulle proteine per controllarne la produzione, maturazione e localizzazione.
Il taglio delle proteine ha diverse funzioni in base al contesto. Ad esempio, nella digestione le proteasi intervengono per "spezzettare" le proteine introdotte con gli alimenti e rendere disponibili all'organismo i loro costituenti.

Nel caso dei virus, le proteasi servono a produrre tutte le proteine virali. Durante il ciclo virale, infatti, vengono prodotte delle pre-proteine lunghissime che sono, in realtà costituite da diverse proteine. Queste ultime vengono "liberate" proprio dalle proteasi, in modo che possano esplicare la loro funzione e produrre nuovi virus.


Sulla base dello stesso principio seguito per lopinavir e ritonavir è stato sperimentato anche un antivirale originariamente sviluppato per il trattamento di Ebola, il remdesivir, che in studi pre-clinici aveva mostrato di essere efficace anche nell'inibire la replicazione di SARS-CoV1 e MERS-CoV [5, 6]. Uno studio recente ha mostrato l'efficacia del remdesivir anche per SARS-CoV2 [7].
Il meccanismo d'azione di questo farmaco consiste nell'inibire la sintesi dell'RNA virale [6]. 

Un altro farmaco ritenuto utile è la clorochina, un anti-malarico usato anche nel trattamento di malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide. La clorochina ha un effetto antivirale ad ampio spettro, cioè è capace di inibire la replicazione di diversi tipi di virus, oltre a possedere attività immuno-modulante, potenzialmente utile per aumentare l'azione antivirale. Anche questo farmaco ha mostrato risultati di laboratorio incoraggianti nel bloccare l'infezione da parte di SARS-CoV2 [7].
La clorochina blocca l'infezione virale agendo sulla fase di attacco e di penetrazione del virus, perché impedisce al recettore del virus di essere pienamente funzionale e crea una modificazione del pH (aumentandolo) nelle vescicole che portano il virus all'interno della cellula [7.

Negli ultimi giorni, poi, è stato spesso citato un altro antivirale, il favipiravir (Avigan®). L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sta vagliando un programma di sperimentazione clinica per la valutazione dell'efficacia e della sicurezza di questo farmaco [8]. Favipiravir è stato stato sviluppato come farmaco anti-influenza, ed è stato approvato in Giappone per quest'applicazione ma limitatamente alla comparsa di nuovi o riemergenti ceppi virali influenzali. Tuttavia, nel corso dell'ultimo decennio è stato sperimentato, prevalentemente in laboratorio, su altri virus ad RNA e ha mostrato uno spettro di efficacia abbastanza ampio. Tra i virus sui quali sono stati condotti gli esperimenti vi sono Ebola, virus del raffreddore, virus respiratorio sinciziale e il virus della rabbia. I trial clinici, invece, sono stati limitati al Giappone e agli Stati Uniti perciò si rendono necessarie ulteriori valutazioni [9].
Il meccanismo d'azione di questo farmaco consiste nell'inibire la sintesi dell'RNA virale [9].

Una buona notizia sul fronte della ricerca di terapie specifiche per bloccare l'infezione di SARS-CoV2 è arrivata il 20 marzo 2020, dalle pagine della rivista scientifica Science [9]. Grazie agli sforzi compiuti per studiare il virus, un gruppo di scienziati ha individuato una molecola che sembra essere in grado di bloccare in modo specifico il virus e non dovrebbe avere effetti tossici sulle cellule umane. La molecola, chiamata b13, inibisce la principale proteasi del virus. Si ottiene in questo modo l'inibizione del ciclo virale e, parallelamente, si garantisce sicurezza per le cellule umane perché non esistono proteasi umane simili a quella di SARS-CoV2. Cioè, non si rischierebbe di inibire anche qualche proteasi umana [10].


FARMACI IMMUNOMODULATORI

I farmaci immunomodulatori agiscono sull'attività del sistema immunitario, riducendola (immuno-soppressore) o aumentandola (immuno-stimolante).

Tra i farmaci immunomodulatori che si stanno utilizzando per trattare la COVID-19 vi è il Tocilizumab, un anticorpo monoclonale impiegato nel trattamento dell'artrite reumatoide. Tale farmaco agisce bloccando i recettori dell'interleuchina 6 (IL-6) [11].

Non trattandosi di un antivirale, tale farmaco non agisce bloccando il virus; esso dovrebbe agire positivamente su un sintomo potenzialmente mortale dell'infezione: la polmonite. Bloccando il recettore dell'IL-6, infatti, le si impedisce di svolgere le sue funzioni, ottenendo la riduzione dell'infiammazione e il miglioramento del quadro clinico di polmonite. Il farmaco è recentemente entrato in sperimentazione in Italia con applicazione per la COVID-19.

IL-6
L'IL-6 è un'interleuchina che in base al contesto può svolgere attività pro-infiammatoria o anti-infiammatoria. Essa promuove l'espansione e l'attivazione dei linfociti T, il differenziamento dei linfociti B, ma agisce anche come un ormone con effetti sul metabolismo lipidico e glucidico, sul sistema neuroendocrino e molto altro. Data la sua importanza come fattore stimolante dei linfociti,  IL-6 agisce proteggendo l'organismo dalle infezioni. Tuttavia, la sua attività può al contempo creare problemi diventando la causa del mantenimento di uno stato infiammatorio continuo (infiammazione cronica), come accade nell'artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni. Alti livelli di IL-6 nel tessuto polmonare sono stati associati allo sviluppo di fibrosi polmonare e ipertensione [12]. 

Polmonite
La polmonite è un processo infiammatorio a carico dei polmoni, solitamente dovuto ad infezione batterica o virale, che altera la funzionalità respiratoria in modo direttamente proporzionale alla sua estensione.
L'infezione da parte di SARS-CoV2 causa la polmonite interstiziale, cioè una condizione in cui il processo infiammatorio interessa prevalentemente l'interstizio polmonare. Quest'ultimo è lo spazio compreso tra gli alveoli polmonari, i quali sono dei "sacchetti" che si trovano al termine delle ultime ramificazioni dei bronchi (bronchioli).
Gli alveoli polmonari costituiscono la maggior parte della superficie polmonare e la loro funzione è quella di consentire lo scambio tra l'aria che si trova al loro interno e i gas sciolti nel sangue presente nei capillari che li circondano. In questi ultimi, infatti, fluisce sangue ricco di anidride carbonica che viene "ripulito" e caricato di ossigeno per poi tornare al cuore, il quale pomperà sangue ossigenato nel corpo. Anidride carbonica e ossigeno vengono scambiati tra alveoli e capillari per diffusione, la quale è favorita dal ridottissimo spessore della parete alveolare e dalla vicinanza tra questa e capillari (Fig.2).
L'infiammazione dell'interstizio polmonare causa l'accumulo di cellule infiammatorie e conseguente edema, ovvero aumento del volume del tessuto per l'accumulo di cellule e liquidi. Questo provoca i sintomi come dispnea (respirazione faticosa o dolorosa) e tosse. L'edema polmonare determina l'allontanamento tra la parete degli alveoli e dei capillari, riducendo la diffusione dell'ossigeno nel sangue. L'ossigeno non è molto solubile nei liquidi biologici, perciò se aumenta la distanza di diffusione impiega molto più tempo per percorrerla. La diffusione dell'anidride carbonica invece, non è così influenzata dall'aumento della distanza tra parete alveolare e capillari. La riduzione dell'ossigeno nel sangue porta con sé una serie di problemi gravi poiché esso è necessario a far funzionare ogni cellula dell'organismo. Se l'infiammazione continua e diventa cronica può verificarsi un ulteriore danno all'interstizio chiamato fibrosi. Cioè la deposizione di tessuto cicatriziale (come cicatrici) che aumenta lo spessore della parete alveolare rallentando ulteriormente lo scambio gassoso. La fibrosi è un processo irreversibile, perciò esso compromette la funzionalità dei polmoni per tutta la vita, distruggendo progressivamente la funzionalità degli alveoli.

Fig.2 - Struttura di bronchi e alveoli. Immagine da: D.U. Silverthon. Fisiologia: un approccio integrato. Casa Editrice Ambrosiana. Seconda edizione, 2005.

REFERENZE
  1. World Healt Organization (WHO). Clinical management of severe acute respiratory infection (SARI) when COVID-19 disease is suspected: Interim guidance V 1.2. 13 March 2020
  2. Chu CM, Cheng VC, Hung IF, Wong MM, Chan KH, Chan KS, Kao RY, Poon LL, Wong CL, Guan Y, Peiris JS, Yuen KY; HKU/UCH SARS Study Group. Role of lopinavir/ritonavir in the treatment of SARS: initial virological and clinical findings. Thorax. 2004;59:252-6
  3. Kim UJ, Won EJ, Kee SJ, Jung SI, Jang HC. Combination therapy with lopinavir/ritonavir, ribavirin and interferon-α for Middle East respiratory syndrome. Antivir Ther. 2016;21:455-9
  4. Cao B, Wang Y, Wen D, Liu W, Wang J, Fan G, Ruan L, Song B, Cai Y, Wei M, et al. A Trial of Lopinavir-Ritonavir in Adults Hospitalized with Severe Covid-19. N Engl J Med. 2020.
  5. Warren TK, Jordan R, Lo MK, Ray AS, Mackman RL, Soloveva V, Siegel D, Perron M, Bannister R, Hui HC, et al. Therapeutic efficacy of the small molecule GS-5734 against Ebola virus in rhesus monkeys. Nature. 2016;531(7594):381-5
  6. Sheahan TP, Sims AC, Graham RL, Menachery VD, Gralinski LE, Case JB, Leist SR, Pyrc K, Feng JY, Trantcheva I, et al. Broad-spectrum antiviral GS-5734 inhibits both epidemic and zoonotic coronaviruses. Sci Transl Med. 2017;9(396). pii: eaal3653
  7. Wang M, Cao R, Zhang L, Yang X, Liu J, Xu M, Shi Z, Hu Z, Zhong W, Xiao G. Remdesivir and chloroquine effectively inhibit the recently emerged novel coronavirus (2019-nCoV) in vitro. Cell Res. 2020; 30:269-271
  8. https://www.aifa.gov.it/-/favipiravir-aggiornamento-della-valutazione-della-cts
  9. Shiraki K, Daikoku T. Favipiravir, an anti-influenza drug against life-threatening RNA virus infections. Pharmacol Ther. 2020 Feb 22:107512
  10. Zhang L, Lin D, Sun X, Curth U, Drosten C, Sauerhering L, Becker S, Rox K, Hilgenfeld R. Crystal structure of SARS-CoV-2 main protease provides a basis for design of improved α-ketoamide inhibitors. Science. 2020; eabb3405.
  11. Markatseli TE, Theodoridou A, Zakalka M, Koukli E, Triantafyllidou E, Tsalavos S, Andrianakos A, Drosos A. Persistence and Adherence during the First Six Months of Tocilizumab Treatment Among Rheumatoid Arthritis Patients in Routine Clinical Practice in Greece. Results from the Single Arm REMISSION II Study (NCT01649817). Mediterr J Rheumatol. 2019; 30:177-185
  12. Hunter CA, Jones SA. IL-6 as a keystone cytokine in health and disease. Nat Immunol. 2015; 16:448-57


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