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domenica 29 marzo 2020

IL NUOVO CORONAVIRUS NON E' USCITO DA UN LABORATORIO DI WHUAN!

In questi giorni l’opinione pubblica è stata scossa da un video, mandato in onda da TG Leonardo nel 2015, in cui si parlava di un esperimento condotto a Whuan. Quest’ultimo aveva portato alla creazione di una versione ibrida (chimera) tra un Coronavirus di pipistrello e il virus che ha causato la SARS nel 2002-2003 (SARS-CoV1), usato come “spina dorsale”. Il virus creato in laboratorio fu denominato SL-SHC014-MA15.

Chimera
Una chimera nella mitologia greca e romana era un mostro che si presentava con parti del corpo di diversi animali. La chimera, nel nostro caso, è un elemento biologico che presenta derivazioni differenti, quindi parti di materiale genetico di diversa origine. 


Una nota di Nature, la rivista scientifica su cui è stato pubblicato l’esperimento sopracitato, recita: “siamo consapevoli che questa storia viene utilizzata come base per teorie non verificate secondo cui il nuovo coronavirus che causa COVID-19 sia stato progettato in laboratorio (ndr). Non ci sono prove che questo sia vero; gli scienziati ritengono che un animale sia la fonte più probabile del coronavirus.” (Marzo 2020) [1] 

Nello studio condotto a Whuan, i ricercatori hanno voluto esaminare la potenziale trasmissibilità da animali a uomo di un Coronavirus ampiamente circolante nei pipistrelli (chiamato SHC014) e molto simile al virus che causò l'epidemia di SARS del 2003 (SARS-CoV1, ne abbiamo parlato qui). In altre parole, i ricercatori hanno voluto valutare la potenzialità, da parte di questo virus, di effettuare il salto di specie (ne abbiamo parlato qui). Per dimostrare questa potenzialità, gli scienziati hanno generato un virus ricombinante inserendo la proteina Spike (ne abbiamo parlato qui) di SHC014 nel virus SARS-CoV1 adattato per infettare i topi. La scelta dei topi non è casuale, poiché il topo viene frequentemente utilizzato come modello per spiegare alcuni processi biologici umani.

Virus ricombinante
E’ un virus creato in laboratorio inserendo parti genomiche (pezzetti di materiale genetico) di un virus nel genoma di un altro virus ospite. La ricombinazione genetica è un processo naturale che è in parte responsabile della variabilità genetica (nessun individuo, ad eccezione dei gemelli e dei cloni, è identico ad un altro, anche se appartiene alla stessa specie). La biologia molecolare ha appreso dalla natura ad operare questo processo di “taglia e cuci” del materiale genetico e lo ha impiegato per costruire organismi modello o per provare a curare delle malattie. Le tecnologie biomecolari che utilizzano il processo di ricombinazione genetica prendono in generale il nome di “tecniche del DNA ricombinante”. Queste ultime permettono di saldare porzioni di DNA di un organismo a quelle di organismi diversi portando alla produzione di proteine ricombinanti (Fig.1). 

Fig.1 - Schematizzazione delle tecnologie del DNA ricombinante. Unendo pezzi di DNA di organismi diversi si può ottenere un DNA ricombinante.

I risultati dell'esperimento di Whuan hanno indicato che il virus ricombinante riusciva ad entrare nelle cellule utilizzando in modo efficiente il recettore ACE2 (ne abbiamo parlato qui) di diverse specie animali, tra cui l’uomo, e che, nel polmone di topo, riusciva ad avere un elevato potenziale patogenetico. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che nessun vaccino sviluppato contro SARS-CoV1 era in grado di dare una risposta immunitaria, e quindi protezione, contro il virus ricombinante. 

L'esperimento condotto a Whuan ha avuto il merito di evidenziare un continuo e costante rischio di riemergenza dell’epidemia di SARS legato alla circolazione di virus nelle popolazioni di pipistrelli; rischio complicato dal fatto che il sistema immunitario non è in grado di dare una risposta specifica contro il patogeno [2] (ne abbiamo parlato qui). 

Insieme allo studio finora descritto, esistono altre evidenze che alcuni ceppi di Coronavirus, naturalmente presenti nei pipistrelli ferro di cavallo, sono in grado di legare efficientemente il recettore ACE2 umano. Per fortuna, però, questa eventualità è poco frequente: quasi tutti i Coronavirus dei pipistrelli non sono in grado di farlo e quindi non sono in grado di causare infezioni nell’uomo [3]. 


PERCHÉ È MOLTO PIÙ PROBABILE CHE QUESTO VIRUS DERIVI DA UN AVVENIMENTO NATURALE PIUTTOSTO CHE ARTIFICIALE 
Come abbiamo detto qui, i virus mutano (e ricombinano) naturalmente, e grazie a queste peculiarità possono essere in grado di effettuare il salto di specie (ne abbiamo parlato qui). Il virus ad oggi conosciuto che risulta più simile a SARS-CoV2 è il virus RaTG13 del pipistrello ferro di cavallo

Occorre, però, precisare che tra SARS-CoV2 e RaTG13 ci sono più di 1.100 nucleotidi (i mattoni che costituiscono il materiale genetico di una specie) diversi, distribuiti casualmente nel genoma. La casualità della distribuzione dei nucleotidi diversi è indicativa di eventi naturali (le mutazioni) seguendo le caratteristiche evolutive tipiche di tutti i coronavirus.
Dato il gran numero di nucleotidi diversi tra RaTG13 e SARS-CoV2 è improbabile che il pipistrello sia la fonte immediata di SARS-CoV2, ed è per questo che i ricercatori stanno ancora cercando l’ospite intermedio dal quale il virus ha effettuato il salto di specie. Nel caso dell'epidemia di SARS del 2003, il genoma del Coronavirus della civetta della palma e del virus umano SARS-CoV1 differivano per soli 202 nucleotidi, cioè avevano un'identità di sequenza del 99,8%. 

Operando il confronto tra il genoma di SARS-CoV2 e quello del virus costruito nell'esperimento condotto a Whuan è ben evidente che vi sono più di 6.000 differenze nucleotidiche, il che rende estremamente improbabile che il SARS-CoV2 derivi dal virus chimerico oggetto del video di TG3 Leonardo [4]. 

Insomma, il virus costruito in laboratorio avrebbe dovuto mutare per tanto tempo prima di trasformarsi in SARS-CoV2; e in tutto questo tempo non avrebbe mai infettato l’uomo, nonostante ne fosse in grado. Una tale eventualità è evidentemente remotissima.


LE DIFFERENZE CHIAVE TRA I VIRUS IN ESAME 
La parte del Coronavirus che è in grado di interagire con le cellule umane, attraverso il recettore ACE2, è la glicoproteina Spike (S) (Fig.2). 

Fig.2 - Interazione della glicoproteina S (spike) con il recettore umano ACE2 

La proteina Spike di SARS-CoV2 risulta molto più simile, dal punto di vista della sequenza amminoacidica, alla proteina Spike del virus RaTG13 (ne abbiamo parlato qui) circolante nei pipistrelli ferro di cavallo che alla proteina Spike del virus ricombinante SL-SHC014-MA15. Nella Fig.2 sono state messe a confronto le sequenze della proteina Spike di SARS-CoV2, RaTG13, SHC014 e SARS-CoV1 utilizzando uno strumento di bioinformatica, chiamato Blast, che è in grado di allineare le sequenze e quindi confrontarle. Come si può osservare, la percentuale di identità (ovvero la percentuale di “somiglianza”) tra le sequenze, indicata nella colonna “Per. Ident”, risulta notevolmente più alta (97.41%) per la proteina di RaTG13 che per le proteine di SHC014 (77.31%) e SARS-CoV1 (75.96%) (Figura 2). 

Fig.2 - Confronto tra le sequenze proteiche della proteina Spike di a) SARS-CoV2; b) RaTG13; c) SHC014; d) SARS-CoV1.

Nella proteina Spike esiste un dominio chiamato “dominio legante il recettore” (RBD, dall'inglese Receptor Binding Protein), considerato la parte più variabile del genoma dei Coronavirus (ovvero la parte che muta più frequentemente, e ne abbiamo parlato qui). Studi biochimici e strutturali hanno dimostrato che il legame al recettore ACE2 umano da parte del virus SARS-CoV2 è reso possibile dalla presenza di 6 aminoacidi in questo dominio: L455, F486, Q493, S494, N501 eY505 (Fig.3) [5]. 
Nonostante l’alta affinità del dominio RDB con il recettore umano ACE2, esso è in grado di legare anche i recettori che presentano un’omologia elevata con ACE2 umano come quelli di furetti, gatti e altri mammiferi  [6].

Le sigle degli amminoacidi
Gli amminoacidi, ovvero i "mattoncini" che formano le proteine, sono indicati con un codice costituito da lettere. Per indicare la loro posizione all'interno della sequenza della proteina in cui essi si trovano, alla lettera segue un numero che rappresenta, appunto, il posto che essi occupano nella catena di amminoacidi che forma la proteina. L455, F486, Q493, S494, N501 eY505 si leggono, rispettivamente, così: leucina in posizione 455; fenilalanina in posizione 486; glutammina in posizione 493; serina in posizione 494; asparagina in posizione 501; tirosina in posizione 505.

Omologia
E’ il termine con il quale si indica la somiglianza, sia a livello strutturale che di sequenza (in questo caso si può parlare anche di identità di sequenza), di componenti biologiche come genoma, proteine etc. 


Entrando più nel dettaglio, nella Fig.3 è riportato il confronto tra la sequenza proteica della proteina Spike di SARS-CoV2 e la proteina Spike inserita nel virus ricombinante dell’esperimento condotto nel 2015. Come si può osservare, gli aminoacidi responsabili della fase di aggancio del virus al recettore umano sono sostanzialmente differenti tra le due proteine

Fig.3 - Confronto delle sequenze proteiche tra la proteina Spike di SARS-CoV2 e del virus chimerico creato in laboratorio nel 2015. In giallo sono evidenziati gli aminoacidi responsabili della maggiore affinità di questa proteina per il recettore ACE2 delle cellule epiteliali umane. Query= sequenza della proteina Spike di SARS-Cov2, Sbjct= sequenza della proteina Spike di SHC014 inserita nel virus chimerico dell’esperimento del 2015. In verde il sito di clivaggio di SARS-CoV2, assente in SL-SHC014-MA15.

E’ stato inoltre dimostrato che la sequenza della proteina Spike di SARS-CoV2 ha un sito di taglio (sito di clivaggio) che la divide in due parti conferendole la capacità di formare due subunità (S1 e S2). Questa caratteristica ha un ruolo nel determinare l'infettività virale nell'ospite. Le caratteristiche di questo sito di clivaggio e le sue modificazioni successive (post-traduzionali) non sono mai state riscontrate in altri beta-Coronavirus. E’stato dimostrato che questo taglio migliora la fusione virus -cellula senza influenzare l'ingresso del virus (figura 3) [5]. 

Un’altra prova a favore dell’evoluzione naturale di SARS-CoV2 viene dagli studi computazionali che hanno dimostrato che, nonostante il dominio RBD della proteina Spike di SARS-CoV2 si leghi con alta affinità con il recettore ACE2 umano, l’interazione virus-cellula non risulta essere ottimale. Pertanto, il legame ad alta affinità della proteina Spike SARS-CoV2 con l'ACE2 umano è molto più probabilmente il risultato della selezione naturale, la quale ha consentito alle particelle virali che hanno sviluppato quei cambiamenti “minimi” utili ad infettare l’uomo di farlo. In altre parole, la capacità di agganciare e entrare nelle cellule umane anche in condizioni sub-ottimali depone per l’origine naturale del virus. 

Oggigiorno si hanno a disposizione i migliori strumenti bioinformatici e tecnici per valutare l’interazione tra due proteine al fine di capire quali sono le interazioni migliori e più efficienti. Se il virus fosse stato progettato in laboratorio, avrebbe presentato esattamente gli aminoacidi migliori nei punti chiave della proteina Spike del SARS-CoV2  per il riconoscimento ideale del recettore [5]. 

Bioinformatica
Scienza che studia la biologia molecolare e le interazioni molecolari attraverso tools e software informatici. 


L'evoluzione dei virus è graduale poiché esso accumula progressivamente mutazioni nel tempo. Diversamente, i costrutti sintetici, cioè creati in laboratorio, in genere usano una “spina dorsale” proveniente da un virus già noto sulla quale si inseriscono dei "cambiamenti" mirati e specifici. Tali modifiche (mutazioni) differiscono, quindi, da quelle che si verificano in natura in modo casuale durante la replicazione del virus [4]. 

Possiamo infine concludere che un'ipotetica generazione di SARS-CoV2 attraverso colture cellulari (in vitro) o in animali (in vivo) avrebbe richiesto l'isolamento preventivo di un virus progenitore con somiglianza genetica molto elevata, ma questa eventualità non risulta essere descritta a livello mondiale [5]. 


REFERENZE

2. Menachery VD, Yount BL Jr, Debbink K, et al. A SARS-like cluster of circulating bat coronaviruses shows potential for human emergence [published correction appears in Nat Med. 2016 Apr;22(4):446]. Nat Med. 2015; 21:1508–1513.

3. Ge XY, Li JL, Yang XL, et al. Isolation and characterization of a bat SARS-like coronavirus that uses the ACE2 receptor. Nature. 2013; 503:535–538.

4. Shan-Lu Liu, Linda J. Saif, Susan R. Weiss & Lishan Su. No credible evidence supporting claims of the laboratory engineering of SARS-CoV-2. Emerging Microbes & Infections. 2020; 9:505-507.

5. Andersen, K.G., Rambaut, A., Lipkin, W.I. et al. The proximal origin of SARS-CoV-2. Nat Med. 2020.

6. Wan, Y., Shang, J., Graham, R., Baric, R. S. & Li, F. J. Virol. 2020.

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